13 marzo 2009

«Il Veneto ha già pianificato un'offerta edilizia in eccesso»

VENEZIA
Professor Domenico Patassini, preside della facoltà di Pianificazione del territorio allo Iuav, che impatto potrà avere il Piano casa per l'edilizia?
«È evidente che la legge nasce con un connotato anticiclico. Da un lato si propone di rilanciare i consumi sul versante del bene-casa, dall'altro, per la natura stessa dei lavori che prevede, contiene una forma di sostegno alle imprese del settore. Almeno nelle intenzioni».

Per l'appunto: queste intenzioni potranno trasformarsi concretamente in misure anticrisi?
«Studi aggiornati che ci consentano una valutazione dei benefici purtroppo non ne abbiamo, vedo che il Cresme ha cominciato, per ora, a elaborare delle stime. Dal mio punto di vista, ho una netta sensazione: il rapporto tra ciclo economico e ciclo edilizio, oggi, è molto diverso rispetto agli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso».

Secondo il suo giudizio, perché proprio il Veneto e la Sardegna fanno da capofila in Italia?
«Non è un caso. La Sardegna, per dire, viene da una fresca campagna elettorale che si è combattuta proprio su questi temi».

E il Veneto?
«Il Veneto esce da un periodo di transizione dalla vecchia alla nuova legge urbanistica regionale, in cui si sono accumulate migliaia di varianti ai Piani regolatori comunali. Questa corsa alla variante ha creato - e noi allo Iuav lo possiamo dire con cognizione di causa, poiché abbiamo studiato il fenomeno per conto della Regione - una situazione di sovradimensionamento e di eccesso di offerta edilizia, già pianificata ».

Questo cosa comporta?
«Potremmo tranquillamente fermarci qui per almeno 5 anni e dichiarare una moratoria, senza che le potenzialità dell'offerta edilizia vengano minimamente intaccate».

Il presidente Galan, illustrando gli obiettivi del progetto di legge, ha indicato due bersagli precisi: la «villettopoli» veneta e i capannoni. Missione possibile?
«La legge ha un suo target ed è probabile che questi siano i segmenti che ne beneficeranno di più. Però, ripeto, parliamo di un settore che già adesso è sopra standard, non siamo certo in una situazione di carenza ».

E nei centri storici?
«In molti centri del Veneto ci sono aree dismesse o in via di dismissione, con cubature spesso notevolissime. Occorre che diventino occasione di riqualificazione per le città, più che di aumento delle volumetrie. Il provvedimento di legge, sotto questo aspetto, andrebbe meglio orientato: se c'è una cosa che non si può e non si deve fare, nei centri storici, è intervenire alla spicciolata. La manutenzione urbana è assolutamente fondamentale e costituirebbe un'opportunità enorme per il mercato ».

Il premier Berlusconi, dal canto suo, ha parlato invece di un'occasione per migliorare la «bruttissima edilizia» degli anni Sessanta. Sul fatto che sia brutta è difficile dissentire.
«Potrei presentare, come molto spesso facciamo a scuola, un corposissimo album degli orrori. Basta girare per la nostra "villettopoli", come la chiama Galan, per rendersene conto. Proprio per questo non vorrei che consentire un'aggiunta del 20 per cento, come prevede la legge, finisse per aggravare la situazione, sommando bruttura a bruttura. Meglio una politica di demolizione e ricostruzione, basata non tanto su incentivi individuali quanto, piuttosto, su programmi di riqualificazione urbana».

«Il Veneto ha già pianificato un'offerta edilizia in eccesso»
Alessandro Zuin
Corriere del Veneto 12/03/2009

Si parte! Cosa ci spinge ad agire.

FRANCENIGO - GAIARINE

L'idea della possibile costituzione di una lista di donne e uomini che si presentino insieme alla prossime elezioni amministrative nasce dalle libere discussioni attorno a due necessità:

- il bisogno di trasparenza nella vita politica locale (ma anche nazionale e globale) e della democratizzazione che ne deriva.

- l’amore per il nostro territorio e la volontà di arrestare la sua distruzione per permettere a noi e ai nostri figli una vita degna di essere vissuta;

Il combinarsi di queste esigenze genera uno schema di lettura che ci permette di delineare con semplicità le nostre richieste politiche e da queste le possibili proposte per il nostro Comune.
Per fare un esempio, possiamo affermare che è proprio la mancanza di trasparenza, e conseguentemente di partecipazione democratica, nella deliberazione dei piani territoriali e urbanistici che porta alla distruzione del nostro territorio, poiché prevalgono logiche particolaristiche, clientelari, contrarie all’interesse generale.
Non si tratta pertanto di elaborare solo un programma e di presentarsi alla prossima competizione elettorale. Occorre, preventivamente, capire se la sensibilità che ci anima e di cui siamo interpreti, trovi nella nostra comunità una sufficiente “massa critica”, cioè un numero adeguato di persone [o l’“energia sociale” sufficiente] in grado di sostenere pubblicamente le questioni politiche che ci stanno a cuore, più semplicemente capaci di farsi ascoltare. Queste/i cittadine/i possono già essere attive/i, oppure devono essere mobilitati, messi nella condizione di rispondere positivamente al loro stesso bisogno di partecipazione. Credo che tutti noi conosciamo persone sinceramente interessate alla qualità della vità[1] propria e collettiva.
Allargando la discussione verificheremo la possibilità di elaborare e condividere un progetto generale, necessariamente sperimentale, per ridare libertà alle energie positive del nostro Comune. Il carattere sperimentale del nostro progetto emerge dalla consapevolezza che nessuno, al momento attuale, detiene un sapere esperto in grado di prospettare una soluzione realistica alle varie situazioni di crisi che in questi anni si vanno accumulando: crisi economico-finanziaria, crisi sociale, crisi ecologica.
Non si tratta di mettere la mani sulla torta ma piuttosto di rimettere le mani in pasta, insieme, avendo cura di ricordare costantemente che quello che stiamo impastando e il nostro stesso pane. Per questo il metodo di lavoro può essere solamente quello dell’elaborazione paritaria (rispettosa delle visioni diverse), capace di accogliere il contributo di tutti, quindi unanime, condivisa senza incertezze.
La proposta iniziale è quella di organizzare un rapida serie di incontri, pubblici e privati, nel corso dei quali valutare/presentare il progetto. Per fare questo occorre, ovviamente, proporre visioni e soluzioni concrete rispetto ai problemi condivisi. Una prima lista delle questioni da tematizzare è la seguente:

- opzione 0 sul territorio [consumo 0 del territorio, “basta capannoni”?], salute e qualità della vita [prevenzione, estetica], recupero ambientale [fognature, suolo, acque, flora, fauna];

- trasparenza, comunicazione politica, legalità [gestione “macchina” comunale] e partecipazione democratica;

- opzioni economiche future e modello/i di sviluppo [energia, produzione, consumi, trasporti];

- cultura sociale condivisa [associazioni, sale veramente pubbliche], e immigrazione [flussi economici vs cultura dell’incontro];

Soprattutto non dobbiamo avere la falsa percezione che non c’è abbastanza tempo, non ci sono abbastanza energie, non c’è abbastanza motivazione. Tempo, motivazione ed energia ci sono, eccome, possiamo prenderci il lusso di riflettere con calma, per il meglio, senza ricadere da subito nella logica assurda del “fare”, del risultato a ogni costo.

Un modo di comunicare diverso deve emergere, un vero e proprio vocabolario nuovo, in grado di ridare a tutti la fiducia nelle proprie speranze.

[1] Occorrerà approfondire più avanti, che cosa si possa intendere, in modo condiviso, per qualità della vita (indicatori, valori, “postmaterialismo”).