26 ottobre 2009

A proposito del prossimo Consiglio Comunale del 29/10/2009: le nefandezze del Piano Casa

Attenta analisi di una circolare esplicativa che rivela le nefandezze della legge e le aggrava ulteriormente.
Ecco emanata dal presidente della Regione Veneto la circolare esplicativa della legge regionale n° 14 del 29.09.2009 che, meglio conosciuta come “piano casa”, è ufficialmente denominata come segue: “intervento regionale a sostegno del settore edilizio per favorire l’utilizzo dell’edilizia sostenibile e modifica della legge regionale 12 luglio 2007, n. 16”. Il titolo sa tanto da exscusatio non petita: la ridondante definizione e l’utilizzo del tanto abusato termine “sostenibile” manifesta la chiara intenzione di giustificare una misura almeno discutibile qualificandola come intesa a un nobile fine.

La contraddizione principale della legge (che, ricordiamolo, arriva dopo tre condoni edilizi) viene esplicitata dalla stessa circolare nella quale si legge che “pare opportuno specificare che la LR 14/2009 non è una legge urbanistica né edilizia pur avendo contenuti che incidono significativamente sulla disciplina di queste materie ma è , prima di tutto, una legge economico e finanziaria”. Infatti “la legge, di carattere straordinario, prevale sulle previsioni dei regolamenti comunali e degli strumenti urbanistici e territoriali, comunali, provinciali e regionali, nonché sulle altre leggi regionali in contrasto con essa”. Rimane ai Comuni la potestà di deliberare (entro il 30 ottobre 2009) se e con quali limiti e modalità applicare le disposizioni; trovano, invece, immediata applicazione gli interventi sulle “prime case”.

Evitando di entrare nel merito di temi quali l’opportunità della normativa o dell’indifferenza al problema della necessità di alloggi popolari, analizziamo alcuni aspetti della legge regionale, alla luce della recente circolare.

In primo luogo è previsto, in deroga a strumenti di ogni ordine, l’ampliamento degli edifici esistenti (come definiti dalla stessa circolare) nei limiti del 20 % del volume se destinati ad uso residenziale e del 20 % di superficie coperta se destinati ad uso diverso.

E’ poi ammessa la demolizione e ricostruzione degli edifici legittimi realizzati prima del 1989; la demolizione e ricostruzione può prevedere aumenti fino al 40% della cubatura e fino al 40% della superficie coperta a seconda delle destinazioni, percentuali che possono essere elevate fino al 50% nel caso della ricomposizione volumetrica nell’ambito di un piano attuativo.

Va evidenziata la modifica della nozione stessa di ristrutturazione: il piano casa prevede che in caso di demolizione e ricostruzione possano essere mantenute le distanze precedenti, incidendo sulla consolidata prassi derivata da decenni di evoluzione normativa e da decenni di giurisprudenza, in base alla quale tutto ciò che è qualificato come “aliquid novi” deve rispettare i distacchi previsti dalle normative nazionali e dagli strumenti urbanistici. Va evidenziato che questa è una disposizione non legata agli interventi da realizzare con il “piano casa” ma a regime. Quindi con una normativa che ha valenza economica finanziaria si va ad incidere sulla delicata questione dei distacchi in probabile contrasto, ad esempio, con l'articolo 9 del decreto interministeriale 1444/1965, che stabilisce le distanze minime tra i fabbricati.

Dagli interventi suddetti non sono esclusi i fabbricati ricadenti in zona agricola anche nel caso in cui l’edificio non sia più funzionale alla conduzione del fondo, in aperto contrasto con quanto disposto dalla legge urbanistica regionale se non altro nelle more di approvazione del primo Piano di assetto del territorio. Nello specifico per la prima casa di abitazione ricadente in zona agricola è ammesso l’ampliamento calcolato non sulla volumetria esistente, ma sulla volumetria massima realizzabile.

Inoltre, le disposizioni si applicano anche a edifici soggetti a specifiche forme di tutela (ad es. “gradi di protezione”) a condizione, in questo caso, che gli interventi siano conformi alla normativa statale e regionale e agli strumenti urbanistici e territoriali.

Di immediata applicazione, infine, la facoltà di realizzare pensiline o tettoie destinate all’installazione di impianti solari e fotovoltaici, le quali non concorrono a formare cubatura nel caso in cui la superficie coperta non superi i 60 mq.

Evidenti sono le distorsioni che tale normativa comporta e i rischi ad essa connessi.

Emergono subito il fallimento della pianificazione territoriale ad ogni livello e il fallimento degli intenti della nuova legge urbanistica regionale. Viene inoltre da chiedersi a cosa siano servite tutte le verifiche attuate dagli uffici tencici negli anni passati, per garantire la corretta attuazione dei piani regolatori generali con particolare riferimento al loro dimensionamento.

Quali, inoltre, i risultati attesi? Il “piano casa” viene proposto dai media come indirizzato a favorire la ripresa del settore edilizio e a permettere alle famiglie che hanno una casetta di aggiungere la stanza per il secondo figlio senza la difficoltà dei soliti “lacci e lacciuoli”.

Premesso che, gli interventi su case a schiera o condomini sono praticamente resi impossibili dal necessario accordo di tutti i proprietari, entriamo nel merito dell’equità della norma. L’ampliamento di volume o superficie è proporzionale all’esistente. Come sempre accede in questo paese, chi più ha più avrà: chi possiede una villa di 2000 mc potrà realizzarne ulteriori 400; chi invece possiede un piccolo alloggio, forse riuscirà a realizzare un ripostiglio (per realizzare il quale magari aveva potenzialità edificatoria residua).

Per non parlare di cosa si intende per ampliamento, considerato che la circolare ribadisce che, qualora l’ampliamento compromettesse “l’estetica del fabbricato”, è possibile effettuarlo su un corpo edilizio separato di carattere accessorio e pertinenziale: chi verrà ritenuto depositario della conoscenza necessaria per decidere se l’ampliamento compromette l’estetica del fabbricato non è dato saperlo.

Rimane poi la questione della difficoltà economica in cui versano molte famiglie italiane in questo momento: chi avrà comprato una casa accedendo ad un mutuo, non avrà presumibilmente difficoltà ad impegnarsi economicamente per un ampliamento?

A vantaggio di chi andrà, allora, questa misura (sempre ammesso che vi siano nel territorio le risorse per investire)?

Un vantaggio limitato per chi possiede una casa monofamiliare modesta; un grosso vantaggio per chi possedere una grande villa; rimane nebuloso il possibile vantaggio per chi possiede un’attività commerciale essendo gli edifici con questo uso esclusi dai benefici qualora gli interventi “siano volti ad eludere o derogare le disposizioni regionali” (non è dato sapere chi valuterà tutto questo); un enorme vantaggio per chi possiede alberghi e attività produttive. Viene da chiedersi dove sia finita la volontà di fermare il consumo indiscriminato del territorio veneto sottesa alla cosiddetta “Legge blocca capannoni” (LR 35/2002) emanata dalla Regione Veneto in attesa della Legge urbanistica regionale 11/2004.

Un enorme vantaggio, infine, andrà agli avvocati, vista l’altissima probabilità di contenziosi con particolare riferimento alle distanze.

Interessante è, poi, la questione dell’onerosità e delle opere di urbanizzazione. Il comma 4 della LR 14/2009 subordina gli ampliamenti all’esistenza e all’adeguatezza (o il previsto adeguamento) delle opere di urbanizzazione primaria; si specifica che l’eventuale carenza è superabile solo con l’adeguamento delle stesse nei modi consentiti dalla legge. Ad una prima lettura sembrerebbe che sia concesso realizzare in deroga una serie di interventi che incidono pesantemente sul carico urbanistico, previo il pagamento di un contributo di costruzione in misura eventualmente ridotta nelle quantità e modi previsti dai Comuni (salvo che per la prima casa per la quale casistica il contributo è da subito ridotto del 60%; notare che attualmente, ai sensi degli art. 17 comma 3 lettera b. del Testo unico per l’edilizia, gli ampliamenti fino al 20% del volume di case monofamiliari sono esentati dal pagamento del contributo di costruzione) e che, qualora non vi siano le necessarie opere di urbanizzazione queste dovranno essere adeguate non si sa da chi (dal comune?) e non si sa con quali risorse considerata la possibilità della riduzione del contributo di costruzione.

Infine, con riferimento alla retorica della riduzione dei tempi della burocrazia, tanto cara al centro destra, evidenzio che le opere consentite dal Piano casa, avrebbero dovuto essere attuate con Denuncia di inizio attività, intenzione pericolosissima rilevato che, come sa bene chi opera negli uffici tecnici della pubblica amministrazione, la verifica dei requisiti oggettivi (parametri, vincoli, ecc…) da parte dei tecnici progettisti (che nel caso della denuncia di inizio attività si sostituiscono alla pubblica amministrazione nell’attestazione della conformità dell’opera in progetto), in molti casi è errata, certamente anche a causa della complessità dei regolamenti edilizi e le abissali differenze fra i comuni. In merito al necessario titolo abilitativo, la circolare esplicativa chiarisce che, nella Regione Veneto, rimane la facoltà di realizzare le opere previste dal piano casa con DIA, ma è possibile presentare in alternativa Permesso di Costruire. Addirittura la presentazione dell’istanza di permesso di costruire è obbligatoria qualora si intenda eseguire un intervento che in parte esuli dall’ambito di applicazione della legge speciale.

Se da un lato questa decisione riduce il rischio di errori (più e meno voluti) nella valutazione dei requisiti per la realizzazione delle opere, dall’altro viene eluso l’obiettivo della riduzione dei tempi che rimangono quelli della normale istanza di un permesso di costruire.

La scelta potrebbe comportare un enorme carico di lavoro per gli uffici tecnici comunali, peraltro ridotti notoriamente all’osso grazie al patto di stabilità, viste sia la quantità delle pratiche che potrebbero pervenire presso i comuni, sia la complessità delle verifiche da effettuare. Ricordo che la percentuale di ampliamento realizzabile è legata alla prestazione energetico- ambientale da valutare mediante il complesso di 34 criteri. Ovviamente, tutto ciò, con lo scopo dell’osannata semplificazione.

Autore Gnec, Sara
Tratto dal sito web http://eddyburg.it/