26 ottobre 2010

MARTEDÌ: Perché disertare il servizio militare

“I fuggiaschi”: Si possono chiamare così i molti giovani che dalla fine degli anni '50 emigravano specialmente in Europa con l’idea di non fare il militare. Un dovere verso lo Stato quasi sempre ritenuto superfluo, irrilevante per la carriera di un giovane, ma soprattutto l’inopportuna perdita di guadagno. Appena usciti dalla guerra, la povertà che ancora dilagava dalle nostre parti, spingeva molti giovani ad emigrare per il miraggio del guadagno sicuro.
Però c’era un ma: chi sfuggiva al servizio militare non poteva più ritornare in Patria fino all’età di ventinove anni, salvo permesso dei Carabinieri per un periodo di qualche settimana.

Nove - dieci anni lontani da casa.
Per molti è stato un vero disastro.
Certi, con dei caratteri aperti portati all’integrazione, sostenuti da un menefreghismo sano (inteso in maniera positiva), dalla compagnia di buone amicizie, dalle Missioni Cattoliche (appositamente create per sopperire al bisogno spirituale di centinaia di migliaia di migranti sparsi nell’intero Continente e oltre oceano), e da altro ancora ce l’hanno fatta!
Per gli altri invece è stato un vero e proprio calvario: la barriera della lingua per cui non potevano esprimere liberamente i propri bisogni, siano stati essi di natura morale o materiale, dava loro sensazioni desolanti.
Ma ancora più insopportabile erano: la nostalgia per la terra natia, il martellante pensiero di avere i propri famigliari così lontani, la mancanza del desiderato
sopporto emanato dalla calda atmosfera del proprio focolare, la mancanza dei consigli dei genitori, la mancanza della confortante e fidabile presenza di amici paesani, per non parlare della morosa (che magari aspetta!), ma così lontana dalle braccia desiderose di stringerla fra loro così appassionatamente.
Purtroppo tutto ciò alla fine creava un cocktail di esplosiva negatività.
In risposta: anche dalle nostre campagne sono partiti parte di quelle centinaia di giovani volenterosi e pieni di vita che non ce l’hanno fatta, ma che si son lasciati attrarre dal vortice delle brutte compagnie, alcool, prostituzione, giochi d’azzardo, danaro facile, ecc.
Affossati, persi, spariti.
Anche loro meritano più rispetto.
Conosciuti diversi personalmente

25 ottobre 2010

Ri - apre l'A28 !!!

Finalmente inaugurata l'A28 (un'altra volta)..
Finalmente risolti i problemi del traffico nei centri abitati (a parole: vedremo nei fatti..)
Finalmente i 560 cittadini di Gaiarine e Francenigo firmatari della petizione hanno avuto una risposta, dopo le acquiescenti promesse dello scorso inverno. È una risposta non diretta, come anticipato nel ricevere le firme dal MegaloSindaco: «avrete la risposta sulle strade»; risposta petulante e arrogante di un sindaco che non ha avuto il coraggio e l'umiltà di parlare con i suoi concittadini, ascoltando le preoccupazioni e le proposte vissute sulla pelle e nei polmoni.
Eppure li rappresenta essendo il sindaco di tutti i cittadini di Gaiarine (frase fatta e falsa diventata slogan onnipresente all'indomani di ogni recente elezione). Ma, da buon campione della democrazia rappresentativa e sostituiva e reiterato incapace di democrazia diretta e partecipativa, ha messo in un cassetto (nella migliore delle ipotesi) i fogli con le firme e ha aspettato, altezzoso e indifferente, che il tempo sistemasse le cose e calmasse le acque.
Salvo mostrarsi costernato, affranto, impotente, rassegnato, nei casi in cui tragici incidenti hanno visto coinvolti e anche purtroppo, soccombenti, coloro che delle strade urbane sono tra gli utenti più deboli e indifesi.
Sulla fascia tricolore che Il MegaloSindaco indossa con tronfio orgoglio per inaugurare una costosissima autostrada c'è il sangue di un ciclista, c'è il fumo nei polmoni dei suoi concittadini, ci sono 560 firme ignorate e calpestate.
E dunque?
"Chi è causa del mal suo pianga se stesso!"

L’elezzione der Presidente – Trilussa

Un giorno tutti quanti l’animali

sottomessi ar lavoro

decisero d’elegge un Presidente

che je guardasse l’interessi loro.

C’era la Società de li Majali,

la Società der Toro,

er Circolo der Basto e de la Soma,

la Lega indipendente

fra li Somari residenti a Roma;

e poi la Fratellanza

de li Gatti soriani, de li Cani,

de li Cavalli senza vetturini,

la Lega fra le Vacche, Bovi e affini…

Tutti pijorno parte all’adunanza.

Un Somarello, che pe’ l’ambizzione

de fasse elegge s’era messo addosso

la pelle d’un leone,

disse: – Bestie elettore, io so’ commosso:

la civirtà, la libbertà, er progresso…

ecco er vero programma che ciò io,

ch’è l’istesso der popolo! Per cui

voterete compatti er nome mio.
-
Defatti venne eletto proprio lui.
Er Somaro, contento, fece un rajo,

e allora solo er popolo bestione

s’accorse de lo sbajo

d’avé pijato un ciuccio p’un leone!

- Miffarolo! – Imbrojone! – Buvattaro!
-
Ho pijato possesso:

- disse allora er Somaro – e nu’ la pianto

nemmanco se morite d’accidente.

Peggio pe’ voi che me ciavete messo!

Silenzio! e rispettate er Presidente!

18 ottobre 2010

LUNEDÌ: I raccoglitori della canna da zucchero nel nord dell’Australia

Solo dalla metà degli anni '60 venne introdotta la motorizzazione per la raccolta della canna da zucchero, prima veniva fatta tutta a mano.
Anche diversi paesani fra le due guerre, e molti Trevisani dopo, hanno fatto questo pesantissimo lavoro come stagionale.
Le grandi piantagioni di canna vengono coltivate al nord dello stato del Queensland, dove le temperature in alta stagione si avvicinano più ai 40° che ai 30°, e con l’umidità costante sopra il 90%, una combinazione che gli Australiani chiamano
“steaming heat” difficile da tradurre, letteralmente: “caldo che ti evapora”.
Raggiunto il momento della raccolta (che può durare mesi), a
queste immense piantagioni di graminacee - con fusti che possono arrivare oltre i 4 metri di altezza - di notte veniva appiccicato il fuoco.
Dovevano bruciare per due essenziali motivi: il primo era per far scappare o ammazzare quei serpenti ultra velenosi che, vivendo in quelle regioni, certamente nidificavano fra le canne. Il secondo era per alleggerire il carico di lavoro, si bruciava tutto il superfluo, foglie e quant’altro, rimaneva la canna ancora calda, appiccicosa e affumicata, ma più leggera.

Dall’alba fino al tramonto, erano le loro “otto ore” lavorative, usavano un coltellaccio che assomigliava alla classica falce del “manifesto”, ma molto più pesante. Tagliare e fare fasci, stare attenti a qualche serpente ancora vivo, tagliare e fare fasci. Raccogliere quei fasci e, con l’aiuto anche di scale, caricarli sui carri. Poco importa quanto sono pesanti, appiccicosi, o con qualche foglia ancora tagliente che rasa braccia e viso.
Dato che era un lavoro massacrante, svolto sotto un sole cocente, con un’umidità che tutto appesantiva, si può pensare che i movimenti di questi “uomini” fossero lenti, portati al risparmio di energie, pensando al domani che sarà uguale!
Errore: i padroni sapevano bene di che stampo erano fatti queste
macchine viventi. Il lavoro era dato a cottimo: più raccoglievano più guadagnavano, più guadagnava (e la macchina vivente sperava) più presto i sogni si sarebbero avverati. Sudare sangue era il solo drammatico destino che si aspettavano in quegli anni.
Anche per questo, meritano più rispetto.
Conosciuto qualcuno di loro personalmente quando in bassa stagione venivano a Sydney a lavorare nei cantieri edili a spingere la carriola o scavare fondazioni.

16 ottobre 2010

La settimana dell'emigrante: un pensierino al giorno toglie l'intolleranza di torno!

In occasione della giornata dei Trevisani del Mondo della sezione di Gaiarine abbiamo ricevuto da Silvano Zaccariotto e pubblichiamo questa sua lettera e tutte le riflessioni che seguiranno; tutti i testi sono pubblicati nella stesura originale avendone noi curata solo la veste grafica editoriale; sua anche l'idea dei pensierini quotidiani che riproponiamo tale e quale pubblicandoli, uno alla settimana, nel giorno corrispondente.

Silvano Zaccariotto 6984
Pura, Svizzera tel. n° 0041 916064649


Al Sig. Presidente dei Trevisani nel Mondo Sezione di Gaiarine
Al Sig. Sindaco e Sig.ri Municipali del Comune di Gaiarine
Ai Sig.ri Sponsor (Donatori) del monumento agli Emigranti Gaiarinesi

[...] L'Italia può esportare dei lavoratori, ma non degli schiavi. Se il contegno dei datori di lavoro stranieri e l'atteggiamento egoistico degli stessi sindacati operai di quei Paesi costringono i nostri uomini a lavorare in condizioni di estremo e continuo pericolo, è doveroso intervenire in loro difesa anche sul piano politico e diplomatico, perché gli eccellenti rapporti che intercorrono tra l'Italia e il Belgio non finiscano col soffrirne. Editoriale Corriere della Sera 9 agosto 1946

Il tricolore andrebbe posato sulla tomba di tutti quegli emigrati che hanno sudato lacrime e sangue all'estero.
Saluti da Tokyo.
Apparso recentemente sul Corriere della sera!


In seguito all’inaugurazione del monumento ai Gaiarinesi nel Mondo: Anche per questo meritano più rispetto. Destino volle che una percentuale di emigranti alla fine ce l’abbiano fatta a crearsi una famiglia e mettere da parte modeste o più consistenti fortune, per altri ancora il destino è stato meno generoso. Tutti meritano più rispetto, ma ancora di più questi ultimi.

In concomitanza con feste, cerimonie pubbliche e artic
oli di stampa, resoconti, biografie ecc., tutte nobili iniziative pensate per onorare gli emigranti. Si ricordano eventuali successi o sogni realizzati, date, avvenimenti, ecc., e si termina dicendo: “Hanno fatto grossi sacrifici”. Ma questo non è sufficiente, bisogna parlare anche dello spirito, di cosa si prova dentro ad essere “emigrante”. Vorrei mettere in evidenza i loro drammi vissuti, con corrispondenti sentimenti ed emozioni e soprattutto cosa si prova personalmente nella condizione di “emigrante”.
Da diverso tempo pensavo di mettere nero su bianco esperienze, sentimenti, stati d’animo, passioni, realtà, storie che, specialmente nei primi tempi del mio peregrinare, avevo conosciuto o parzialmente vissute. Pensavo di annotare aneddoti abbastanza toccanti e significativi, di vite vissute lontane da casa, “vite di Religiosi del lavoro” (noi Veneti ne
sappiamo qualcosa), vite pionieristiche per un mondo che nel bene o nel male avremmo aiutato a globalizzare. Prima che la memoria mi facesse delle “bizze”, volevo prendermi degli appunti che mi sarebbero venuti di aiuto nel raccontare ai nipotini di un mondo che più non esiste, e che però loro sono la diretta continuità. Oltre alle origini della loro provenienza, dovrebbero apprendere fatti, aneddoti, esperienze altrui, da usare eventualmente come stimoli in un loro futuro.
Ora devo ammettere di essere stato al quanto disorientato dalla risposta avuta dal Sindaco di Gaiarine, alle mie osservazioni a riguardo del Monumento in onore degli emigrati Gaiarinesi.
Mi sono stati comunque di incoraggiamento i commenti di solidarietà espressi tramite “foraxfora”, la stampa, le lettere e telefonate ricevute. Mi hanno ancora più convinto che ero sulla strada giusta e che dovevo perseguire (non per niente Monsignor don Canuto Toso il fondatore dell’associazione dei Trevisani a livello mondiale, mi aveva dato il suo consenso per prendere posizione a riguardo). Al fine di superare quanto è
accaduto, mi sono convinto che il Dialogo sia la via migliore: per rientrare in collaborazione con quanti sono interessati alla meritata storia dei nostri emigranti in particolare dei Gaiarinesi nel mondo. Sommariamente tutti sanno quanto sia stata dura e faticosa la vita dell’emigrante, ma pochi, se non l’hanno realmente provata, ne sanno leggere l’anima.
Dunque, tramutiamo questi appunti con “pensierini”. Sono sicuro
che Quelli lassù non si arrabbierebbero! Anzi, sarebbero ben contenti se per una settimana leggessimo questi pensierini al posto delle preghierine serali (dovrebbero approfittarne specialmente coloro che fanno fatica a preferire i sani sentimenti e le nobili iniziative all’avidità del potere o al succube materialismo di questi tempi).
Usiamo quel minutino di raccoglimento per ricordare momenti di un passato che certi Gaiarinesi e non hanno dovuto sobbarcarsi in Terre lontane, via dal proprio focolare. Tutte le famiglie del Comune hanno o hanno avuto qualche loro caro che é passato attraverso simili esperienze!
(Quanto segue sono fatti che riguardano generazioni di emigranti nati attorno alla seconda guerra, al massimo quelli nati attorno la prima guerra mondiale. Non parliamo di quelli nati dopo la metà del 19° secolo, dove per emigrare anche in Europa, dalle nostre contrade partivano a piedi!
Più di ogni altro anche Loro meritano rispetto)

07 ottobre 2010

06 ottobre 2010

Semo a.. post! (30)

Castigat ridendo mores
che non significa il castigo per chi ride è la morte
come vorrebbero i tristi che si prendono troppo sul serio,
ma
correggere i (mal)costumi deridendoli !

Petizione
da Treccani online
petizióne s. f. [dal lat. petitio -onis, der. di petĕre «chiedere»].

1. b. Con sign. specifico, nell’uso moderno, istanza che espone una necessità d’ordine o di interesse generale di cui si chiede l’accoglimento da parte degli organi statali: fare, promuovere, sottoscrivere una p.; diritto di p., il diritto riconosciuto a tutti i cittadini dalla Costituzione italiana di rivolgersi al Parlamento o alle autorità pubbliche per chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità…

Petizione
da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Una petizione (dal verbo latino peto, "chiedo per ottenere") è una richiesta ad un'autorità - generalmente governativa - o ad un ente pubblico. Nel linguaggio colloquiale, una petizione è un documento indirizzato a un soggetto pubblico o privato e sottoscritto da numerosi individui…

Democrazia diretta
da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
La democrazia diretta è la forma di democrazia nella quale i cittadini, in quanto popolo sovrano, non sono soltanto elettori che delegano il proprio potere politico ai rappresentanti ma sono anche legislatori …


Dal dizionario Burocratichese – Italiano, Italiano – Burocratichese

Autunno 2009 Raccolte 560 firme


MegaloSindachese: si tratta di aspettare pochi mesi fino alla primavera dell’anno prossimo quando la riapertura dell’A28 metterà fine ai disagi creati dall’aumento del traffico.
Libera traduzione in Italiano
: ho cose più importanti da fare.. lasciatemi lavorare..


MegaloSindachese: non posso certo ignorare 560 firme e avrò modo di tenere in considerazione le proposte fatte perchè io sono una persona seria e so valutare le proposte fatte seriamente al contrario di chi fa battute e teatrino con i blog..
Libera traduzione in Italiano: 560 firme? Anelli sulle strade in centro a Gaiarine? Mamme
antitraffico? Ma non avete niente di meglio da fare? .. lasciatemi lavorare..

MegaloSindachese: nei prossimi giorni, nelle prossime settimane, nei prossimi mesi vedrete i risultati del giusto interessamento dell'amministrazione nei luoghi opportuni o direttamente sulle strade..
Libera traduzione in Italiano: tanto tra qualche giorno, tra qualche settimana, tra qualche mese, vi sarete dimenticati tutto.. lasciatemi lavorare..


Estate 2010 Raccolte 80 firme


MegaloSindachese: (… boh.. non si sa ...)
Libera traduzione in Italiano: ancora firme? non rispondo nemmeno.. ho cose più importanti da fare.. lasciatemi lavorare..

Veneto Strade spa: In riscontro Vostra alla richiesta inerente l'oggetto e datata 20/07/2010, acquisita al protocollo di Veneto Strade spa n. 26968/10del 06/08/10, si comunica che, il progetto per la realizzazione dell'intervento stradale è stato sottoposto all'approvazione di tutti gli enti interessati (Regione, Provincia, Comune, Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Veneto, Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto, Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio del Veneto Orientale, Genio Civile, ecc ... ). Nessuna problematica inerente la "viabilità lenta " è stata evidenziata nel corso della procedura di approvazione, né sull'argomento sono pervenute osservazioni al progetto da parte di terzi. Si conferma che il progetto in corso di realizzazione non prevede alcuna delle opere richieste con la nota che si riscontra, né allo stato sono assumibili al procedimento opere comportanti maggiori costi ed ulteriori occupazioni di aree. Disponibili ad ogni ulteriore chiarimento, si porgono distinti saluti.
Libera traduzione in Italiano: è stato fatto tutto a norma.. firme? viabilità lenta? abbiamo cose più importanti da fare.. lasciateci lavorare..

01 ottobre 2010

Una interessante intervista a Michele Boato sulla Nonviolenza

Poche volte ho trovato in un'intervista (forse troppo lunga, me ne rendo conto, per un Post) così tanti spunti per riflettere sulle “cose del mondo” o più precisamente sulle "cose nostre”.

LA NONVIOLENZA OGGI IN ITALIA.

Rielaborazione dell’intervista di Paolo Arena e Marco Graziotti a Michele Boato

pubblicata sul quotidiano telematico “La nonviolenza in cammino” il 31 agosto 2010


D:Come e' avvenuto il tuo accostamento alla nonviolenza?
R: Mi sono avvi
cinato alla nonviolenza dal 1972, quando, a 25 anni, ho cominciato a capire, durante un convegno nazionale semi-clandestino di Lotta Continua a Rimini, il suicidio umano e culturale della prospettiva della guerra di popolo, tipo Irlanda del Nord (Ira) o Paesi Baschi (Eta), che veniva proposta con sempre maggior insistenza da una buona parte del gruppo dirigente, forzando in senso insurrezionalista la lettura delle lotte di quegli anni (dai cortei della Fiat del '69, alle barricate delle imprese dappalto di Marghera del '70, alle lotte dei carcerati e dei soldati, fino ai moti per Reggio Calabria capoluogo). Così Lotta Continua tendeva ad assumere (ma per fortuna si e' sciolta prima) i connotati di un partitino leninista, gerarchizzato, con un servizio dordine numeroso ed aggressivo, tradendo lispirazione antiautoritaria (Rosa Luxemburg) con cui lavevamo costruita, anche a Venezia e Marghera, nellautunno del 1969.

D: Quali personalità della nonviolenza hanno contato di più per te, e perché?
R: Con Alex Langer ho avuto molte occasioni di collaborazione, prima in Lotta Continua, poi nei Cristiani per il Socialismo, infine nei Verdi: l'attenzione agli interlocutori (
amici o avversari), la volontà di costrui
re ponti tra culture, società, gruppi diversi, la fiducia nella forza della verità, della denuncia, della proposta chiara anche se apparentemente impossibile: queste alcune delle caratteristiche che fanno di Alex un vero amico della nonviolenza.
Papa Giovanni, il contadino che sbaraglia le piccole macchinazioni della Curia romana dando voce alla base della chie
sa dei cinque continenti, convocando il Concilio ecumenico Vaticano II: il colloquio con i carcerati di Roma, le parole chiare della Pacem in Terris, l'azione decisa e insieme diplomatica per impedire che la crisi dei missili a Cuba facessero di Kennedy e Krusciov gli assassini dell'intera umanità.
Il Cristo di
chi è senza peccato scagli la prima pietra, di è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel regno dei cieli, il
Cristo di porgi l'altra guancia e quello che scaccia i mercanti dal tempio, salvo poi insegnare che per pregare non servono i templi.
Francesco d'Assisi che mostra con i fatti cosa significhi il messaggio evangelico e disarma anche i p
iù violenti con la parola e la coerenza.
Don Lorenzo Milani che mi ha aperto il cervello sulla realtà delle guerre, con la sua Lettera ai capp
ellani militari.
Infine il Gandhi della marcia del sale, della disobbedien
za nonviolenta di massa e dell'arcolaio dell'economia locale.

D: Quali libri consiglieresti di leggere a un giovane che si accostasse oggi alla nonviolenza? E quali libri sarebbe opportuno che a tal fine fossero presenti in ogni biblioteca pubblica e scolastica?
R: Alex Langer, Il viaggiatore leggero, Se
llerio: il meglio dei messaggi di Alex, con frequenti riferimenti a Ivan Illich, Leonardo Sciascia, Adriano Sofri, Petra Kelly.
Mohandas K. Gandhi, Teoria e pratica della nonviole
nza, Einaudi: antologia degli scritti più importanti con un'ottima introduzione di Giuliano Pontara, forse il miglior divulgatore di Gandhi.
Bernhard Haering - Valentino Salvoldi, Il Vangelo che ci guarisce. Dialoghi sulla nonviolenza. Edizioni Messaggero di Padova: dialogo-intervista al corag
gioso moralista, precursore dei Beati i costruttori di pace.
Malalai
Joya, Finche' avrò voce, Piemme: La lotta di una giovane donna afgana contro i signori della guerra e l'oppressione delle donne afgane. Una visione straordinariamente chiara della criminalità di questa ennesima guerra.

D: Quali iniziative nonviolente in corso oggi nel mondo e in Italia ti sembrano particolarmente significative e degne di essere sostenute con più impegno?
R: Le moltissime iniziative di donne contro la guerra e le violenze in Afghanistan, in
Kossovo-Serbia-Bosnia, in Iran, negli Stati Uniti, in Colombia, Cile e altri stati latinoamericani, in India e Pakistan.
La lotta No Tav piemontese. Le iniziative antinucleari di GreenPeace in tutto il mondo.

D: In quali campi ritieni più necessario ed urgente un impegno nonviolento?
R: Sia nella difesa dei diritti umani dove sono più calpestati, sia nella denuncia dell'inutile crudeltà delle guerre, sia anche
nell'impedire l'autodistruzione ecologica della specie umana.
C'è ancora un bel pezzo di mondo che vive in assenza di democrazia, libertà e giusti
zia: comanda chi ha soldi ed armi.
C'è un altro pezzo, più esteso (anche nella nostra Italia), dove la democrazia c'è solo di nome, ma comandano bande di violenti (più o meno legalizzate) al soldo di padroni più o me
no occulti.
Il cammino verso la libertà, la giustizia e la democrazia è lentissimo, pieno di soste e brusche retromarcie; non sarà mai terminato e ci sarà sempre qualcuno che vuole sopraffare gli altri.
L'impeg
no sociale e nonviolento tende a concentrarsi su questo orizzonte, a partire dalle peggiori situazioni di dittatura, mafia e guerra.
Ora però al problema della pacifica convivenza si aggiunge quello della pura e semplice sopravvive
nza: ogni anno intere popolazioni sono decimate o rischiano la morte per carestie, mancanza d'acqua potabile, epidemie e sempre più frequenti disastri atmosferici.
Anche se per millenni gran parte della popolazione mondiale è vissuta in condizioni di schiavitù (o servitù della gleba o simili), mai nella storia dell'umanità si e' verificata una emergenza sociale e sanitaria così estesa, con la migrazione di milio
ni di persone all'anno da situazioni di fame e miseria verso luoghi in cui c'è il miraggio della sopravvivenza.
Questa situazione ha diverse cause: lo sfruttamento di vastissi
me aree geografiche da parte di alcuni stati o società, più forti militarmente ed economicamente; un rapidissimo aumento della popolazione, specie nelle aree deboli; la desertificazione di zone sempre più vaste, provocata sia dai cambiamenti climatici che dalla distruzione delle foreste e dal colonialismo alimentare-monocolturale.

D: Quali centri, organizzazioni, campagne segnaleresti a un giovane che volesse entrare in contatto con la nonviolenza organizzata oggi in Italia?
R: Casa per la nonviolenza di Verona, Casa per la pace di Vicenza, Mir di Brescia, Centro Regis di Torino, Casa per la pace di Firenze, Beati i costruttori di pace di Padova, Ecoistit
uto del Veneto di Mestre, Centro di ricerca per la pace di Viterbo.
Campagne: Acqua bene comune, Non abbiamo bisogno del nucleare, No alle basi Usa in Italia: Aviano, Vicenza, Ghedi e le altre.

D: Come definiresti la nonviolenza, e quali sono le sue caratteristiche fondamentali?
R: Lotta per la giustizia e una società
sobria, con la forza della verità, la coerenza personale, la solidarietà e il coraggio di non cedere a opportunismi e settarismi.

D: Quali rapporti vedi tra nonviolenza e femminismo?
R: Il femminismo è una delle incarnazione della nonviolenza, particolarmente importante non solo nei paesi in cui le donne non godono di alcu
n diritto, in Asia e in Africa, ma anche in tutto il resto del mondo, Italia compresa.

D: Quali rapporti vedi tra nonviolenza ed ecologia?
R: Ecologia e nonviolenza sono sorelle siamesi: l'una non
può vivere senza l'altra.
Un'ecologia dirigista, che si basa solo su leggi e divieti, non ha alcun futuro: il pianet
a (anzi, la specie umana) può avere un futuro solo se un nuovo stile di vita, sobria e solidale, si afferma, con la forza della verità, nelle menti e nei cuori delle popolazioni, ricche e povere.
Ma an
che una visione nonviolenta che si limiti all'antimilitarismo non ha futuro: non basta che cessino le guerre aperte per realizzare una società più giusta e un mondo dove non si debba morire di siccità e di fame.

D: Quali rapporti vedi tra nonviolenza, impegno antirazzista e lotta per il riconoscimento dei diritti umani di tutti gli esseri umani?
R: Com
e il femminismo e l'ecologia, anche la lotta per i diritti umani è una incarnazione della nonviolenza, che in una grande parte di aree del pianeta (dal Tibet alla Cecenia, dall'Iran alla Palestina e l'Afghanistan) assume addirittura la massima priorità. In Italia l'impegno antirazzista assume grande rilevanza in questi anni di sbornia anti-immigrati.

D: Quali rapporti vedi tra nonviolenza e lotta antimafia?
R: Nonviolenza significa anche democrazia e giustizia: esse sono calpestate, derise, annullate dall'imperversare di bande
mafiose, armate e violente, in larghe aree dell'Italia (e non solo: basta pensare all'Albania, alla Moldavia alla Russia).

D: Quali rapporti vedi tra nonviolenza e lotte del movimento dei lavoratori e delle classi sociali sfruttate ed oppresse?
R: Lo sciopero, a partire dall'Av
entino della plebe romana contro i privilegi dei patrizi, è una delle più importanti tecniche nonviolente; forse però i sindacati non ne hanno molta consapevolezza e non è raro, nei picchetti o nelle assemblee operaie, sentire irridere la nonviolenza.

D: Quali rapporti vedi tra nonviolenza e lotte di liberazione dei popoli oppressi?
R: Troppe volte viene teorizzata ed utili
zzata la violenza, con giustificazioni che si rivelano sempre più inconsistenti. Questo ha indebolito per decenni la giusta lotta del popolo Palestinese, di quello Basco, della popolazione dell'Irlanda del nord, del Messsico (Chiapas), di Kossovo e Bosnia. Gli esempi delle Filippine di Cory Aquino, della Polonia di Solidarnosc, dell'India di Gandhi, dei neri di Martin Luther King nel Sud degli Usa, della caduta del muro di Berlino mostrano la strada. Quella che perseguono Malalai Joya in Afganistan, Aung San Suu Kyi in Birmania, il Dalai Lama del Tibet, che ha perseguito Rugova in Kossovo.

D: Quali rapporti vedi tra nonviolenza e pacifismo?
R: La nonviolenza comprende anche il vero pacifismo, quello che lo
tta per la pace senza doppi fini e senza compromessi. Ma non si esaurisce in esso: c'è una visione nonviolenta dell'economia (il microcredito di Muhammad Yunus ne è un esempio), della scuola (Maria Montessori ne è stata una maestra), della medicina ecc.

D: Quali rapporti vedi tra nonviolenza e antimilitarismo?
R: Il nonviolento è assolutamente antimilitarista, ma non tutti gli antimilitaristi sono nonviolenti: in certi cortei contro la guerra dell'Iraq mi vergognavo di tanti slogan truculenti gridati a squarciagola e ossessivamente.

D: Quali rapporti vedi tra nonviolenza e disarmo?
R: Il Costarica dimostra, nonostante si trovi in una zona piena di conflitti, che il disarmo, non solo nucleare, ma proprio l'abolizione dell'esercito non è una pia illusione.

D: Quali rapporti vedi tra nonviolenza e diritto alla salute e all'assistenza?
R: Anche nella difesa della salute valgono i principi nonviolenti della verità, giustizia, minima sofferenza. Quindi rapporti corretti tra malati e medici o sanitari, decisioni chiare e condivise, prevenzione prima che cura, accesso ugualitario alle cure, cure il più possibile naturali e reversibili.

D: Quali rapporti vedi tra nonviolenza e psicoterapie?
R: Ancora più importanti sono i principi nonviolenti nella cura della mente, dove nei secoli si sono viste le peggiori pratiche, dal ripudio all'esorcismo, dalla caccia alle streghe agli elettrochoc, dall'imprigionamento alle sevizie e violenze quotidiane. La lotta di Franco Basaglia e di tanti suoi amici e collaboratori è stata una delle più importanti esperienze nonviolente a livello mondiale: va difesa e sviluppata perché, a trenta anni dalla sua morte, la scienza ufficiale spinge per tornare alle pratiche violente da lui fatte abolire.

D: Quali rapporti vedi tra nonviolenza e informazione?
R: Se nonviolenza è la forza della verità, è fondamentale poter comunicare le denuncie e proposte ai soggetti che debbono liberarsi dalle catene. I mezzi di comunicazione di massa sono importanti, ma spesso non sono liberi di dire la verità, dipendono da chi deve mantenere la popolazione nell'ignoranza per poter fare meglio affari non sempre puliti. Quindi vanno usati senza però farne l'unico strumento di comunicazione.
La nonviolenza crea suoi canali diretti, le reti di persone, le riviste, le radio libere, i siti internet, le mailing list. Questi canali vanno gestiti con molta cura, devono essere il più possibili aperti alla partecipazione popolare, mantenendo però stretta vigilanza su possibili abusi e strumentalizzazioni di persone o gruppi ostili alla nonviolenza.

D: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione filosofica?
R: C'e' un filone nonviolento, nella storia della filosofia, che collega Socrate, Seneca, Cristo, Agostino, Hildegarda di Bingen, per arrivare fino a Kant, Schopenhauer, Kierkegaard.
Tolstoi, Hannah Arendt, Teilhard de Chardin.

D: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione delle e sulle religioni?
R: Cristianesimo e Buddismo sono intrisi della nonviolenza dei loro fondatori, Cristo e Siddartha, anche se il Buddismo l'ha conservata molto più accuratamente, mentre il Cristianesimo è stato, ed è ancora, infettato ripetutamente da militarismo, corruzione, ragion di stato, imperialismo, razzismo e maschilismo.
Confucianesimo, Induismo, Ebraismo ed Islam hanno avuto, ed hanno tuttora, rapporti alterni con la nonviolenza, corsi e ricorsi, diverse interpretazioni fino alle strumentalizzazioni di stile talebano dell'Islam in Afghanistan, Iran, Arabia e Pakistan, e di stile fondamentalista dell'Ebraismo in Israele.

D: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sull'educazione?
R: Steiner e Montessori (solo per citare i più noti) sono espressione di una crescente influenza della nonviolenza nella pedagogia occidentale; il Dalai Lama è un esempio della diffusissima pedagogia nonviolenta nel mondo orientale.

D: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sull'economia?
R: Le riflessioni del premio Nobel indiano Amartya Sen sulla necessità della democrazia per un vero sviluppo sono abbastanza significative. Molto più importanti le esperienze concrete e le relative teorizzazioni del Nobel bengalese Muhammad Yunus sul microcredito e la capacità di riscatto di milioni di
poveri che si uniscano e trovino la forza di liberarsi dal cappio, non solo economico, degli strozzini.

D: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sul diritto e le leggi?
R: L'importanza del diritto alla disobbedienza alle leggi ritenute ingiuste, fortemente rivendicato, anche con una breve prigionia, da Thoreau autore del fondamentale
La disobbedienza civile, per non parlare di Gandhi e di don Milani che con la sua L'obbedienza non e' più una virtù ha illuminato le menti di migliaia di persone, non solo italiane.

D: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sull'etica e sulla bioetica?
R: Il valore assoluto della vita umana, nel comandamento
tu non uccidere. Ma anche il valore della vita animale, i diritti degli altri animali, l'abominio dell'ucciderli per divertimento o per sport, come nella caccia moderna, la proposta vegetariana e, comunque, l'eliminazione di ogni sofferenza evitabile.

D: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sulla scienza e la tecnologia?
R: La non neutralità ne' della scienza ne', tantomeno, delle sue applicazioni pratiche. L'autocritica di Albert Einstein circa la fissione nucleare e i suoi immediati utilizzi militari è il momento più alto di questa riflessione, che ha poi avuto nel filosofo inglese Bertrand Russell una compiuta teorizzazione.

D: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione storica e alla pratica storiografica?
R: Un forte ridimensionamento dell'esaltazione acritica della rivoluzione francese e di tutte le altre azioni militari (da Cesare a Alessandro Magno, fino a Napoleone, alla rivoluzione russa e alle guerre mondiali) che riempiono i libri di storia, fatti studiare ai ragazzi di tutto il mondo. Parallelamente una valorizzazione delle iniziative sia individuali che di massa che hanno portato a cambiamenti sociali importanti senza alcun uso di violenza: dalla regina d'Egitto Hatshepsut
alla democrazia ateniese, dall'Aventino al martirio di Cristo, dai primi obiettori cristiani al servizio militare romano all'incontro di Francesco col sultano (sempre che non si tratti di un falso storico, come una recente storiografia propone), e poi la cooperazione operaia e gli scioperi dell'800, la diserzione di massa durante la prima guerra mondiale, i movimenti gandhiani, fino a Solidarnosc, il '68 in occidente e all'est, la caduta del muro di Berlino e dell'impero sovietico, il Costarica, le Filippine, il Kossovo di Rugova, il Tibet e la Birmania di Aung San Suu Ky e dei giovani monaci buddisti.

D: Tra le tecniche deliberative nonviolente ha gran importanza il metodo del consenso: come lo caratterizzeresti?
R: Di fronte a decisioni delicate e impegnative, non si può affidarsi al gioco delle maggioranza; serve una discussione che approfondisca le ragioni, anche molto diverse, di tutti gli interessati, e punti a raggiungere una decisione che non escluda alcuna buona ragione, ma solo le proposte incompatibili con i principi della nonviolenza.

D: Tra le tecniche nonviolente nella gestione e risoluzione dei conflitti quali ritieni più importanti?
R: Annunciare pubblicamente le proprie ragioni, intenzioni e iniziative, in modo da rendere più difficile la reazione violenta basata sulla (dichiarata) paura di violenze, atti terroristici o sabotaggi.

D: Come caratterizzeresti la formazione alla nonviolenza e l'addestramento all'azione nonviolenta?
R: Per la formazione serve una forte conoscenza storica dei movimenti e delle lotte nonviolente e dei principi etici che li sostengono, associata a esercitazioni pratiche il più realistiche possibili e, poi, inserimento in programmi concreti a carattere locale su razzismo, maschilismo, bullismo, disinformazione, inquinamento, violenza verso pedoni e ciclisti, oppure verso animali o alberi.

D: Quali mezzi d'informazione e quali esperienze editoriali ti sembra che più adeguatamente contribuiscano a far conoscere o a promuovere la nonviolenza?
R: Nel Veneto operano una serie di radio libere molto legate alla nonviolenza: Radio Cooperativa (legata ai Beati i costruttori di pace di don Albino Bizzotto), Radio Gamma 5, ispiratrice di decine di iniziative soprattutto ecologiste e antirazziste, Radio Base popolare di Mestre e Radio Popolare di Verona.
Poi c'è MultiMedia Record, un gruppo guidato dal giornalista Marco Massimo Rossi che produce, in strettissimo contatto con i comitati e le associazioni locali, molti materiali televisivi che vanno sia su Internet che nelle reti televisive locali che li accettano.
Ci sono poi le due riviste che sono legate all'Ecoistituto del Veneto
Alex Langer: "Gaia. Ecologia, nonviolenza, tecnologie appropriate" (trimestrale a carattere nazionale) e "Tera e Aqua" (bimestrale a carattere regionale), in cui sono impegnato quasi a tempo pieno.
A livello nazionale, oltre ad "Azione nonviolenta" diretta da Mao Valpiana, c'è "QualeVita", ottimo periodico abruzzese diretto da Pasquale Jannamorelli, "Natura oggi", mensile di Pro Natura piemontese, in stretta collaborazione col Centro Sereno Regis diretto da Nanni Salio e "AAM - Terra Nuova" che tratta soprattutto di alimentazione e della salute. Poi c'è il quotidiano telematico "La nonviolenza e' in cammino" curato da Peppe Sini.

D: Quali esperienze in ambito scolastico ed universitario ti sembra che più adeguatamente contribuiscano a far conoscere o a promuovere la nonviolenza?
R: I corsi tenuti da Alberto L'Abate a Ferrara e poi a Firenze, con Lorenzo Porta, Fulvio Manara a Bergamo, Nanni Salio a Torino, Tonino Drago a Pisa, Giuliana Martirani a Napoli, Enrico Euli a Cagliari.

D: I movimenti nonviolenti presenti in Italia danno un'impressione di marginalità, ininfluenza, inadeguatezza. Come potrebbero migliorare qualità, percezione ed efficacia?R: Affrontando i temi più scottanti con proposte forti, precise e coordinate in tutta Italia, come fece Marco Pannella con le marce antimilitariste a favore dell'obiezione di coscienza negli anni '70 e col divorzio qualche anno dopo; come ha fatto Alex Langer negli anni '80 sui temi della guerra nella ex-Jugoslavia, come fa don Luigi Ciotti sul tema della mafia con le cooperative di Libera. Ora e' il momento dell'opposizione al nucleare e delle alternative rinnovabili.

D: I movimenti nonviolenti dovrebbero dotarsi di migliori forme di coordinamento?
R: A rete, come aveva iniziato bene Lilliput, perdendosi poi in burocratismi, non allargandosi, ma chiudendosi.
Soprattutto però una rete funziona se ha degli obiettivi comuni, con scadenze e iniziative coordinate, come ha dimostrato la recente ottima riuscita della raccolta firme per i referendum contro la privatizzazione dell'acqua.

D: I movimenti nonviolenti dovrebbero dotarsi di ulteriori strumenti di comunicazione?
R: Serve un forte coordinamento e potenziamento della presenza su Internet: è uno strumento che può dare grande spazio alla democrazia, all'informazione pulita, alla costruzione delle reti locali e planetarie.

D: Nonviolenza e movimenti sociali: quali rapporti?
R: Nonviolenza non é solo antimilitarismo, ma lotta per la giustizia e i diritti umani.

D: Nonviolenza e istituzioni: quali rapporti?
R: Aldo Capitini, dopo aver combattuto la dittatura fascista, era però, giustamente, scettico verso i partiti e la sola democrazia rappresentativa: proponeva il potere di tutti, da lui battezzato Omnicrazia. Si tratta della democrazia diretta, che da' voce e potere a tutti. Nella nostra Costituzione invece c'è solo il referendum abrogativo e, solo in una parte dei Comuni, i referendum locali consultivi. Occorre invece guardare, in termini creativi, alle esperienze dei cantoni e delle città svizzere, e, più recentemente, di molti Stati del Nord America, della Baviera e ora anche di molte città sudamericane, dove la partecipazione popolare è stimolata ed organizzata con periodici referendum decisionali, senza quorum, o con quorum del 20-30%.

Finora in Italia questo tema ha sfondato in una decina di comuni dell'Alto Adige - Sud Tirol.
Qualche successo hanno avuto in alcune piccole città delle liste civiche che fanno della vera partecipazione il loro tema e strumento principale. Molto meno trasparenti le iniziative dei seguaci di Grillo, appunto perchè sostanzialmente dirette e condizionate dal capo genovese e, soprattutto, dal suo apparato milanese.

D: Nonviolenza e cultura: quali rapporti?

R: Scrittori come Pier Paolo Pasolini, poeti come David Maria Turoldo, attori come il Benigni di
La vita è bella o il Ben Kingsley del film Gandhi hanno una forza di penetrazione nella formazione di milioni di persone.

D: Nonviolenza e forze politiche: quali rapporti?
R: In Italia il riferimento di alcune forze politiche (Radicali, Verdi e poi anche Rifondazione comunista) alla nonviolenza non è mai stato molto convincente; troppi compromessi, soprattutto sulle guerre in Bosnia, Iraq e Afghanistan.

D: Nonviolenza e organizzazioni sindacali: quali rapporti?
R: I sindacati spesso non sono consapevoli della natura profondamente nonviolenta dello sciopero come non-collaborazione, e in generale della loro missione di difesa dei diritti non solo economici di larga parte della popolazione.

D: Nonviolenza e pratiche artistiche: quali rapporti?
R: Come la poesia, la letteratura (Tolstoi per tutti) e i film, anche le altre arti, dalla pittura alla scultura, dalla musica al teatro, alla danza, alla fotografia, possono essere eccezionali veicoli del messaggio nonviolento: basta ricordare le foto dei bambini vietnamiti durante i bombardamenti, una canzone come Imagine di John Lennon o un quadro come Guernica di Picasso.

D: Nonviolenza e amicizia: quale relazione? E come concretamente nella tua esperienza essa si è data?
R: Decine di iniziative delicate (denunce di soprusi o di scempi ambientali, proposte azzardate a personaggi influenti ecc.) non avrei potuto condurle a termine senza l'aiuto di persone sinceramente amiche, che si sono spese, spesso rischiando grosso, in nome di un comune sentire, ma soprattutto di una comune amicizia.

D: Nonviolenza e percezione dell'unità dell'umanità: quale relazione?
R: Come si può essere nonviolenti se non si crede nell'assoluta uguaglianza di diritti di tutte le persone, senza differenze di razza, sesso, età o idee politiche e religiose? Non c'e' forse nulla di più antitetico alla nonviolenza del razzismo nelle sue varie forme.

D: Nonviolenza e politica: quale relazione?
R: Politica significa interessarsi della polis, del bene comune della città e dei suoi abitanti. Un nonviolento non può che fare anche politica, ma puntando alla vera democrazia, al potere di tutti, non dei
nostri.

D: Nonviolenza e vita quotidiana: quale relazione?
R: E' forse la prova più difficile, passare dalla teoria ai fatti 24 ore su 24. In casa con coniuge e figli, sul lavoro con colleghi, superiori ed eventuali subalterni (o con gli studenti per un insegnante, come nel mio caso). Debbo dire che nei miei vent'anni di insegnamento alle superiori, avere rapporti di rispetto e paritari con gli studenti mi è stato facilissimo e mi ha procurato quasi solo enormi soddisfazioni, pochissimi inconvenienti con qualche collega e preside.

D: Nonviolenza e cura del territorio in cui si vive: quale relazione?
R: E' dal lontano 1969 il mio impegno principale: sento la violenza a Gaia, nostra madre terra, come fatta a me stesso. E di fatto e' così, anche se i più ancora non ne sono pienamente coscienti. Il territorio è l'aria che respiriamo, che manteniamo più pulita se, con gli Amici della bicicletta, riduciamo il traffico automobilistico; sono gli alberi che ci regalano l'ossigeno, che difendiamo con tutti i mezzi con l'associazione AmicoAlbero; è l'acqua che beviamo e che scorre in laguna e nel mare, che cerchiamo di mantenere pulita con Medicina Democratica, l'Ecoistituto ecc. ecc.

D: Nonviolenza e cura delle persone con cui si vive: quale relazione?
R: Alla fine le cose che contano di più nella vita sono proprio i rapporti con le persone vicine: le rotture traumatiche sono la prima causa delle malattie depressive e dei suicidi. Imparare a convivere anche nei momenti difficili, non alzare i toni, non usare parole pesanti è talvolta difficile, ma ti può salvare la vita.

D: La nonviolenza dinanzi alla morte: quali riflessioni?
R: Non c'è solo il
tu non uccidere, ma anche il dovere di accompagnare le persone all'ultimo passaggio, in modo da alleviarne al massimo il dolore.

D: Quali le maggiori esperienze storiche della nonviolenza?
R: Lo sciopero della plebe romana sull'Aventino, la marcia del sale gandhiana, il boicottaggio nero degli autobus di Montgomery con Martin Luther King, Solidarnos polacca, la rivoluzione filippina di Cory Aquino.

D: Quale e' lo stato della nonviolenza oggi nel mondo?
R:
Moltissime ottime esperienze locali, senza un comune orizzonte ne' punto di riferimento e tradite dal bluff di Obama.

D: Quale è lo stato della nonviolenza oggi in Italia?
R: La partecipazione dell'Italia a guerre in sfregio alla Costituzione, la presenza ancora nel nostro suolo di basi militari, anche nucleari, straniere e il loro rafforzamento a Vicenza, con l'aperto appoggio di governi sia di destra che di
sinistra; il diffondersi di cultura e iniziative razziste nel Nord e mafiose soprattutto nel Sud, la dice lunga sul deficit di coscienza e di iniziativa di massa in Italia.

D: E' adeguato il rapporto tra movimenti nonviolenti italiani e movimenti di altri paesi? R: Assolutamente inadeguato, casuale, inefficiente.

D: Quale ti sembra che sia la percezione diffusa della nonviolenza oggi in Italia?

R: A livello di massa non se ne conosce quasi la parola.

D: Quali iniziative intraprendere perché vi sia da parte dell'opinione pubblica una conoscenza adeguata della nonviolenza?
R: Lotta alla presenza italiana in Afghanistan, lotta al razzismo, lotta alla mafia, piano nazionale solare contro il ritorno al nucleare
civile e militare.

D: Nonviolenza, linguaggio e stili di vita: quale relazione?
R: Un linguaggio nonviolento è parte fondante di uno stile di vita e di ogni iniziativa nonviolenta.
Uno stile di vita sobrio è essenziale per dare credibilità alla proposta teorica nonviolenta.

D: Nonviolenza e critica dell'industrialismo: quali implicazioni?
R: La proposta gandhiana e nonviolenta non si limita all'antimilitarismo, ai diritti umani, al diritto all'indipendenza delle nazioni: va al cuore del modello economico e sociale, propone la produzione e il consumo locale-regionale, l'artigianato, l'agricoltura biologica, la cooperazione e la sobrietà.

D: Nonviolenza e rispetto per i viventi, la biosfera, la "madre terra": quali implicazioni?
R: Ecologia e nonviolenza sono, sempre di più , un tutt'uno, sia a livello locale che planetario: non c'è distinzione tra la violenza fatta ad un essere umano e quella fatta alla natura.

D: Nonviolenza, compresenza, convivenza, scelte di vita comunitarie: quali conseguenze?
R: Il villaggio gandhiano non è una esperienza trasportabile tal quale nel resto del mondo, ma se ne può trarre ispirazione: nelle nostre città la proposta mi pare quella del distretto di economia locale, una rete di reciproco sostegno non solo economico che può creare dei
villaggi virtuali, nell'ambito di ambienti urbani di grandi dimensioni, tendenzialmente anonimi e aggressivi.

D: Nonviolenza, riconoscimento dell'altro, principio responsabilità, scelte di giustizia, misericordia: quali conseguenze?
R: Nonviolenza non è solo attività politica e collettiva, ma anche rapporti interpersonali paritari, solidali, rilassati e tendenti all'amicizia.

D: Nonviolenza e coscienza del limite: quali implicazioni?
R: La proposta della sobrietà sia negli stili di vita individuali che in quelli sociali deriva dalla coscienza che abbiamo superato di molto il limite di sopportazione della terra, consumiamo le risorse rinnovabili di un anno nei primi otto mesi scarsi dell'anno, stiamo rubando le risorse e la vita stessa alle prossime generazioni: tutto ciò è una enorme violenza verso Gaia e verso i nostri discendenti.

D: Nonviolenza come cammino: in quale direzione?
R: Cerchiamo di camminare verso società più giuste sia nei rapporti umani che in quelli planetari.

D: Potresti presentare la tua stessa persona a un lettore che non ti conoscesse affatto?
R: Il mio impegno principale e' in campo ecologico, sul piano locale (veneziano e veneto) e nazionale (riduzione dei rifiuti, risparmio ed energie rinnovabili). Dal 1973 al 2006 ho insegnato economia alle superiori, con un intervallo di 12 anni in Regione Veneto (consigliere e, per 2 anni, assessore all'ambiente, urbanistica, viabilità e lavori pubblici) e un anno e mezzo deputato (1987-'88, poi dimissioni per rotazione).

Michele Boato nato nel 1947, docente di economia, impegnato contro la nocività dell'industria chimica dalla fine degli anni '60, da sempre nei movimenti pacifisti, ecologisti, nonviolenti. Animatore di numerose esperienze didattiche e di impegno civile, direttore della storica rivista "Smog e dintorni", impegnato nell'Ecoistituto del Veneto "Alexander Langer", animatore del trimestrale "Gaia" e del foglio locale "Tera e Aqua". Ha promosso la prima Universita' Verde in Italia. Parlamentare nel 1987 (e dimessosi per rotazione un anno dopo), ha promosso e fatto votare importanti leggi contro l'inquinamento. Con significative campagne nonviolente ottiene la pedonalizzazione del centro storico di Mestre, contrasta i fanghi industriali di Marghera. E' impegnato nella campagna "Meno rifiuti". E' stato anche presidente della FederConsumatori e apprezzato assessore regionale del Veneto. Con Mao Valpiana e Maria G. Di Rienzo ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" da cui è scaturita l'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 e quindi il manifesto "Una rete di donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza". E' una delle figure più significative dell'impegno ecopacifista e nonviolento, che ha saputo unire ampiezza di analisi e concretezza di risultati, ed un costante atteggiamento di attenzione alle persone rispettandone e valorizzandone dignità e sensibilità. Ha curato diverse pubblicazioni soprattutto in forma di strumenti di lavoro: Conserva la carta, puoi salvare un albero; Ecologia a scuola; Dopo Chernobyl; Adriatico, una catastrofe annunciata; tutti nei "libri verdi", Mestre; nella collana "Tam tam libri" ha curato: Invece della tv rinverdire la scuola; Erre magica: riparare riusare riciclare; In laguna; Verdi tra governo e opposizione (con Giovanna Ricoveri). Un'ampia intervista a Michele Boato curata da Diana Napoli è apparsa nei n. 157-158 di "Voci e volti della nonviolenza".

Paolo Arena ( paoloarena@fastwebnet.it) e Marco Graziotti (graziottimarco@gmail.com) fanno parte della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che si svolgono settimanalmente a Viterbo.