12 aprile 2012

Nero.. Bianco.. Grigio?

Il boom economico è stato realizzato da una generazione di lavoratori, operai e imprenditori capaci di enorme coraggio, grande creatività e capacità di sopportazione della fatica, ma anche di semianalfabeti. Molti di quegli uomini, divenuti genitori, hanno trasferito nei figli la diffidenza nei confronti della cultura e della formazione. Sento spesso dire dai ragazzi del Nordest che i loro padri sono i primi a ritenere che il diploma serva solo per essere incorniciato, e che la vita lavorativa si costruisce con la pratica e l'esperienza, non con la cultura. Questo errore è alla base del declino economico che ha portato, in un terzo dei casi, a non poter passare alle nuove generazioni il comando di aziende create con sudore e ingegno, poi vendute o chiuse in cambio di un appartamento intestato ai figli. La bassa e cattiva scolarità è anche una delle cause che concorrono ad accrescere il tasso di disoccupazione giovanile. Le statistiche dicono infatti che oltre il 40 per cento dei giovani italiani in cerca di lavoro non possiede un diploma superiore, e solo il 20 per cento possiede un diploma di laurea (nel Regno Unito e in Francia sono più del doppio). Ciò è dovuto a un altro fenomeno tipicamente nostrano: il precoce abbandono scolastico, non adeguatamente contrastato dalle famiglie e dalla scuola stessa.

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una delle fragilità del sistema risiede nei criteri di scelta dell'università.
In mancanza di idee chiare sulle scelte professionali (quando parlo con gli studenti dell'ultimo anno di scuola media superiore e dico loro che il criterio primario è la passione per una materia o per un mondo professionale, mi guardano sgomenti), qual è il criterio guida? Sovente è quello logistico ...
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Il secondo criterio è quello della continuità con l'attività svolta in famiglia ...
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Un terzo punto concerne la coerenza tra lavoro possibile e curriculum formativo ...
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L'ultimo punto è il diritto allo studio.
Per molti versi esso è ormai pienamente garantito in senso «sindacalese»: si pagano rette bassissime e le università sono presenti in ogni provincia e città medio-grande, senza però pensare che il vero diritto è la meritocrazia (valida per individui e atenei) non la vicinanza a casa. La meritocrazia infatti non è garantita da alcuna selezione né a monte (la scuola media superiore) né a valle: quali sono le effettive differenze di qualità tra un ateneo e un altro?

All'università migliore non approda chi ha più meriti, come dovrebbe essere certificato da un vero diritto allo studio. Su che base vengono assegnati i quattrocento milioni in borse di studio amministrati dalle regioni? Sulla base del merito rispondono le amministrazioni. Solo che quel merito non tiene conto del curriculum dello studente, bensì del reddito dei genitori, che è falso in almeno il cinquanta per cento dei casi. Alla fine, come è stato più volte denunciato, le regioni aiutano non gli studenti più meritevoli ma i figli mediocri degli evasori fiscali. Un modo come un altro per danneggiare chi è davvero bravo ma ha un padre bisognoso che paga onestamente le tasse.

Provocazione/spunto tratto da
L'autorità perduta
Il coraggio che i figli ci chiedono
di Paolo Crepet
ed. Einaudi

Semo a.. post! (44)

Castigat ridendo mores
che non significa il castigo per chi ride è la morte
come vorrebbero i tristi che si prendono troppo sul serio,
ma correggere i (mal)costumi deridendoli !